Terzo appuntamento di “Fuori Campo”, la rubrica domenicale con le interviste “a cuore aperto” ad alcuni dei protagonisti del Bitonto, per consentire a tutti i tifosi neroverdi di conoscerli meglio dentro e soprattutto fuori dal campo, appunto, in queste settimane senza calcio giocato a causa dell’evolversi dell’emergenza sanitaria Covid-19.
Siamo partiti dall’attacco, nella prima puntata, con le parole di capitan Lattanzio, e siamo passati al centrocampo con Capece, una settimana fa. Continuiamo ad arretrare sul terreno di gioco e ci fermiamo al centro della difesa: quest’oggi spazio ad Andrea Petta. Buona lettura a tutti!
Ciao Andrea, si sta per chiudere la terza settimana consecutiva di allenamenti senza partite ufficiali. Qual è l’attuale stato psico-fisico tuo e del gruppo? Non dev’essere facile lavorare intensamente (con tante doppie sedute in programma) e non poter scendere in campo la domenica, anche se nel vostro caso era necessario più che per altre squadre…
“No, non è facile a livello mentale allenarsi continuativamente senza potersi poi ‘confrontare’ con la partita domenicale, tuttavia noi guardiamo al lato positivo di questo stop. Infatti, non avendo fatto il ritiro pre-campionato ed essendo arrivati in tanti qui all’ultimo momento, me incluso, stiamo sfruttando a pieno queste settimane di duri e proficui allenamenti. Ci motiviamo anche pensando ai grandi benefici che ne trarremo, dal momento che si potrà vedere un Bitonto più ‘vero’ alla ripresa…”.
Stando agli ultimi aggiornamenti, dovremmo rivedere il Bitonto impegnato in Campionato a partire da domenica 6 dicembre. Rispondimi sinceramente, da cittadino italiano e non da calciatore di Serie D: è giunto il momento propizio per riprendere, secondo te?
“Domanda difficile… Secondo me, è giusto ripartire, ma senza pubblico (o quasi) è brutto, in un certo senso inutile, perché vuol dire che non si sono fatti importanti passi in avanti a livello di Sport nazionale. Servirebbero innanzitutto protocolli migliori dettati dall’alto, ma noi come Bitonto Calcio abbiamo la grande fortuna di avere una società seria alle spalle e le cose stanno andando nel modo giusto fin dall’inizio. Per questo mi sento di fare i complimenti alla Famiglia Rossiello e a tutto lo Staff neroverde, perché riusciamo a lavorare serenamente in un momento storico in cui di sereno c’è ben poco…”.
Proviamo a parlare un po’ più di Calcio giocato. Una delle più significative massime all’italiana, su questo meraviglioso Sport, fu pronunciata dal compianto Enzo Bearzot durante il Mondiale spagnolo del 1982: “Primo: non prenderle! Secondo: è imperativo, vincere. Terzo: non c’è un terzo punto perché i primi due han già detto tutto”. Al contrario, il Bitonto, nelle sei partite fin qui disputate, ha sempre preso almeno un gol (due in tre occasioni) e ha vinto solo due volte. Siccome sei senza alcun dubbio uno dei difensori-portanti dell’intera rosa neroverde, cosa non ha funzionato a dovere nella fase difensiva della squadra?
“I gol presi sono stati oggettivamente tanti per una squadra come la nostra, hai ragione. Poi, quando non riesci a farne almeno uno in più rispetto ai tuoi avversari, si nota e pesa maggiormente… Bisogna dire che dei nove gol presi finora soltanto due sono avvenuti su azione, in compenso, quello subito su palla inattiva a Francavilla è stato grave (zuccata di Dopud, imbeccato su punizione battuta quasi da centrocampo da Nolé, ndr). Dobbiamo senz’altro registrare meglio la fase difensiva e per fase difensiva intendo i movimenti e la partecipazione di tutta la squadra, oltre ad essere più attenti noi difensori sulla marcatura pura. L’idea di mister Ragno è comunque quella di imporre il nostro gioco contro chiunque, quindi, ritrovando la forma fisica migliore e avendo modo di assimilare sempre meglio i dettami del nostro allenatore, se in futuro prenderemo spesso un gol ma ne faremo ogni volta due o più di loro, sarò comunque contento di vincere…”.
Circa il suddetto imperativo bearzotiano, invece, sentite addosso quest’obbligo di dover provare a raccogliere i tre punti in tutte le partite a prescindere dal dove, come e contro chi si giochi?
“Noi dobbiamo andare in campo sempre per i tre punti, sì. A prescindere da contro chi si giochi e dai tanti oggettivi problemi che abbiamo dovuto fronteggiare in partenza, siamo una squadra costruita per vincere, non per provare a vincere. Dopo questa lunga sosta, avremo l’obbligo di dimostrare in campo chi siamo”.
Andrea Petta e la vittoria, un dolce connubio che si è tradotto nella tua brillante carriera in ben tre promozioni, due dalla D alla C, con Lupa Castelli Romani e Bisceglie, e quella incredibile a L’Aquila, dalla Seconda alla Prima Divisione di Lega Pro. Hai accettato la corte del Bitonto consapevole di poterti ripetere…?
“Non sarei qui, altrimenti… Ti dico più volte di ‘sì’, tranquillamente. Lo spero di cuore, ho accettato questa prestigiosa proposta proprio perché c’erano a Bitonto obiettivi ben chiari e un progetto serio in corso d’opera. In Serie C nessuna società mi ha preventivato mete così ambiziose, quindi sono assolutamente consapevole e felice della scelta fatta!”.
Abbiamo menzionato poc’anzi Bisceglie, squadra e città con cui hai stretto forse il tuo “matrimonio calcistico” più solido, bello ed emozionante (non è un caso che ci vivi anche lì, tutt’ora). Hai condiviso la cavalcata trionfale della stagione ‘16-‘17 anche con Riccardo Lattanzio e mister Nicola Ragno ma, a parte loro due, rivedi qualcos’altro di quella squadra/società/piazza in questo ambizioso Bitonto?
“Sì, ti confermo sia il mio forte legame con la città di Bisceglie sia qualche emblematico punto in comune tra questa e quella trionfale stagione in D. Anche allora partimmo in ritardo rispetto alle altre, con una gran bella squadra di livello ed anche quell’anno all’inizio faticammo un po’, per poi uscire alla grande sulla distanza. Inoltre, i due Presidenti, Canonico e Rossiello, mi ricordano la stessa voglia di vincere, l’ambizione, nonostante siano abbastanza diversi caratterialmente. Il primo è più istintivo, sanguigno, vulcanico, mentre Rossiello è molto più pacato, equilibrato, un tifoso silenzioso, diciamo. Come piazze, credo proprio che ci sia la stessa identica voglia di emergere e salire alla ribalta nazionale…”.
A proposito della nostra città, hai giocato con un nostro stimato concittadino, Fabio Delvino, durante le tue due stagioni in nerazzurro. Che tipo è Fabio dentro e fuori dal campo?
“Fabio è il classico bravo ragazzo e bravo calciatore allo stesso tempo. Un tipo molto riservato, quasi timido, non gli ho mai sentito pronunciare una parola fuori posto, ma come calciatore è un grandissimo professionista, un lavoratore esemplare, umile ed educato. Non a caso è alla sua quarta stagione consecutiva in C e non solo gli auguro di salire di categoria, ma gli faccio anche i miei più sinceri complimenti per com’è cresciuto da quel primo anno insieme a Bisceglie, dove conobbi un giovane di belle speranze che doveva dimostrare ancora tanto. Ha dimostrato tanto e bisogna riconoscerglielo”.
Chiudiamo commentando il tuo gol da opportunista dell’area di rigore – avversaria – nella vittoriosa trasferta di Altamura (quarta giornata di Campionato, ndr). La casella “reti segnate” delle tue statistiche individuali all time vede già la doppia cifra, ma quello messo a referto nella Città del Pane un mese fa non è stato il classico gol da difensore in proiezione offensiva su calcio da fermo, né una prodezza balistica “isolata” realizzata dalla distanza, bensì il frutto di una mirata proiezione offensiva personale. Spiegaci come nasce quell’azione in ripartenza e perché ti sei trovato nel cuore dell’area di rigore altamurana come il più tempestivo dei bomber!
“Nonostante sia un difensore, a me piace molto segnare, ma d’altronde quello piace a tutti (ride, ndr)! Mister Ragno mi conosce bene e sa che sulle mie iniziative offensive può contare, infatti, mi dà spesso la licenza di spingermi in avanti. Ad Altamura, c’è stata una punizione in attacco, a nostro favore, ed io sono salito per propormi nell’area avversaria, ma senza sviluppi positivi; in fase di rientro, ho avuto uno scontro a centrocampo con un loro giocatore e sono rimasto per un po’ a terra, quindi, una volta ripartita la nostra azione d’attacco, ho deciso di buttarmi dentro e non di tornarmene in difesa, giacché c’ero… Poi Giorgio e Riccardo (Capece e Lattanzio, ndr) hanno fatto il resto con una grande apertura e un assist al bacio. In sostanza, posso dire che quel gol è stato in parte frutto della fiducia dell’allenatore nelle mie doti offensive e in parte una mia istintiva iniziativa personale figlia di quel fortuito scontro a centrocampo…”.