“FUORI CAMPO”, INTERVISTA A SAVIO PIARULLI

Dovevano essere solo tre appuntamenti, in attesa della ripresa del campionato prevista inizialmente per quest’oggi. Ma lo slittamento a domenica 6 dicembre della ripartenza del campionato di Serie D, ha fatto sì che continui anche “Fuori Campo”, la rubrica domenicale con le interviste “a cuore aperto” ad alcuni dei protagonisti del Bitonto, giunta alla sua quarta puntata.

Dopo Lattanzio, Capece e Petta, torniamo a centrocampo, questa volta per chiacchierare con un under: oggi è il turno di Savio Piarulli. Buona lettura a tutti!

Ciao Savio. Il tuo nome è bello e carico di aspettative allo stesso tempo, poiché rimanda ad aggettivi quali “equilibrato, avveduto, giudizioso, posato, saggio”, a dir poco impegnativi per un classe 2001… Sono caratteristiche che credi di possedere come calciatore e giovane uomo in carriera?

“Nessuno è perfetto, qualcosa mi manca sicuramente! (ride, ndr). Mi sento molto più maturo della mia età, quello sì, soprattutto grazie all’educazione, agli insegnamenti dei miei genitori e, come calciatore, grazie a gente come Biason, Marsili, Montrone, Patierno, Turitto e Lattanzio, su tutti, che mi hanno permesso di crescere in fretta in questi anni. Per essere un diciannovenne da poco diplomato, posso dire che sono più equilibrato, giudizioso e ‘saggio’ rispetto a tanti miei coetanei ed in questo il calcio, il rispetto delle regole, il comportarsi da professionisti anche se in Serie D mi hanno assolutamente aiutato tantissimo. Poi, resto pur sempre un ragazzo molto giovane che di errori può ancora commetterne tanti, ci mancherebbe…”.

Abbiamo utilizzato volutamente l’espressione (quasi antitetica) “giovane uomo”, infatti, il tuo percorso calcistico ti ha portato a crescere davvero in fretta, dentro e fuori dal campo. A 19 anni e già alla terza stagione di fila in Serie D, ti senti più un teenager che gioca come under nel Bitonto o un ometto ormai pronto e maturo per il mondo dei grandi, in ogni senso?

“Sinceramente, mi sento più un ometto che un teenager; ho dei progetti di vita perché sono anche fidanzato e a lungo andare spero di andare a vivere insieme alla donna che sarà al mio fianco, ovunque dovessi trovarmi per lavoro. Per quanto riguarda più nello specifico la mia carriera da calciatore, sì, sono pronto ad entrare in pianta stabile in quello che tu hai chiamato il mondo dei grandi. È quello che mi auguro…”.

Tu, Figliola e Zaccaria siete gli unici calciatori “superstiti” della prima stagione del Bitonto in D (2018-2019, ndr), dopo quasi un intero decennio trascorso nelle categorie inferiori. A parte i tuoi compagni di spogliatoio e gli uomini dello staff, cos’è cambiato da allora nell’ambiente e cosa è rimasto invariato?

“È rimasta invariata la voglia di crescere, far bene, vincere e cementare un ‘progetto’; dal primo anno ad oggi ho visto la società svilupparsi e migliorare a vista d’occhio, stagione dopo stagione. Si è avuto un grosso miglioramento sotto ogni aspetto, anche e soprattutto nei piccoli particolari, quelli che poi fanno davvero la differenza a questi livelli”.

In quel tuo primo anno in neroverde ci sono state tre figure fondamentali, su tutte le altre, nel processo d’arrivo, inserimento e crescita – palesemente esponenziale – prima in seno alla Juniores e poi in Prima Squadra: il Direttore Caldarola, mister Loconsole e mister Pizzulli. Dicci qualcosa su tutti e tre, in che modo ti hanno aiutato a diventare il Leoncello Piarulli che sei oggi?

“Con il Direttore ancora oggi parlo spesso, mi dà sempre dei consigli utili per la mia crescita e la mia affermazione graduale nel mondo del calcio. Alla fine, se mi trovo qui a Bitonto, è grazie a lui, che decise di prendermi dall’Under-17 Nazionale della Fidelis Andria, l’anno in cui la squadra della mia città chiuse la stagione con il fallimento societario. Non è un caso se mi ha affiancato anche in occasione del primo incontro con il mio attuale procuratore, è stato un ulteriore modo per essergli riconoscente e ringraziarlo per aver puntato su di me nel 2018. Mister Loconsole è stato importante per me, perché è stato l’allenatore dell’accoglienza in neroverde e devo dire che mi ha insegnato tanto, anche se in pochissimo tempo, visto che poi sono stato ‘notato e rapito’ da mister Pizzulli in Prima Squadra, dopo essere stato osservato durante allenamenti e partite ufficiali. Di Massimo Pizzulli posso dire solo una cosa, ma importantissima: lo ricorderò per sempre poiché mi ha fatto esordire a diciassette anni in Serie D, proprio contro l’Andria… Grazie ancora mister!”.

Come hai appena ricordato con emozione e riconoscenza, Massimo Pizzulli è stato l’intuitivo regista del tuo esordio assoluto nel Calcio dei Grandi, appena diciassettenne, contro la Fidelis Andria, ovvero la squadra della tua cara città, in un match molto delicato nella corsa-playoff di quella stagione. Lui ha creduto in te, ha scommesso sulla tua immediata maturazione, nonostante non avessi ancora la struttura fisica e l’intelligenza tattica che palesi ora, dimostrando coraggio, fiducia nei giovani e una buona dose di sangue freddo… Nei suoi panni, ti saresti fatto lanciare nella mischia proprio quel giorno? Perché?

“Sono sincero, forse no. Perché oggi, al terzo anno in D, posso dire di aver capito il rischio preso in quell’occasione dall’allenatore, parecchio alto… Un ragazzo di quella età può intimorirsi di fronte a così tanti tifosi, sia di casa che ospiti, in una partita così importante… Qualche ‘parolina’ poco carina mi è pure arrivata in campo, quel giorno, ma io ho reagito nel modo giusto, disputando una buona partita e vincendo con la squadra. Diciamo che è andata bene sia a me sia a mister Pizzulli, siamo stati entrambi bravi (ride, ndr)”.

Dopo il lungimirante trainer bitontino, Taurino e Ragno. Sono cambiati i compiti tattici per te? Cosa hanno chiesto di diverso i due nuovi allenatori e su quali punti hanno insistito per ottenere il massimo da te?

“Mister Taurino mi chiedeva sempre molta pressione sugli avversari, che mi abbassassi a prendere palla e mi inserissi spesso in avanti (cosa che vorrebbe anche mister Ragno da me). Il nostro attuale allenatore mi sta provando anche come esterno sinistro, perché vede in me buona corsa, duttilità e la possibilità di diventare una specie di jolly di centrocampo. Comunque parliamo di due professionisti molto molto preparati, entrambi hanno fatto sentire continuamente la loro stima e fiducia nei miei confronti e io non posso che ascoltarli e imparare”.

Già ai tempi del tuo approdo in neroverde eri corteggiatissimo, ci hanno suggerito i ben informati, e man mano che le tue prestazioni in campo sono diventate sempre più convincenti, oltre che costanti, le pretendenti al tuo cartellino sono aumentate clamorosamente, fino ad arrivare alla rovente estate 2020… In mezzo all’arcinota tempesta giudiziaria che ha colpito la squadra, la società e la città, il calcio professionistico è quasi riuscito a farti cambiare casacca. Ora, tutti vorrebbero conoscere due sviluppi: chi ti ha cercato con maggiore insistenza e come mai hai deciso comunque di rimanere con noi per il terzo anno consecutivo, nonostante la C sfumata.

“Sì, quest’estate mi ha cercato con maggiore insistenza il Monopoli, ma si sono avvicinate anche la Cavese, la Vibonese, il Piacenza e la Virtus Francavilla. Inoltre, qualcuno mi ha detto che si sono ‘informate’ su di me, nel passato più o meno recente, pure squadre professionistiche di categoria superiore alla C, ma non avendo avuto contatti reali e/o diretti in merito, non ci penso più di tanto a queste voci, a dire il vero. Ho sempre dichiarato che in C sarei rimasto a Bitonto senza alcun dubbio, eppure, nonostante siamo poi rimasti in D, sono ancora qui con entusiasmo e convinzione. Perché? Semplicemente perché ho parlato a quattr’occhi con il Presidente Rossiello, il quale come sempre riesce a dare delle garanzie, è credibile e convincente, con la sua passione e la sua serietà assoluta. Il Presidente mi ha detto solo queste parole: ‘Savio, ci dobbiamo tornare insieme in Serie C’. Ed io ho accettato subito”.

Chiudiamo con una domanda leggera, allegra. Puoi raccontare qualcosa dei vostri soliti viaggi calcistici Andria-Bitonto-Andria? Abbiamo usato volutamente il plurale perché l’auto con cui ti muovi ha un guidatore d’eccellenza e più di un giovane buontempone che sicuramente non farà annoiare i viaggiatori durante il tragitto…

(Già ride di gusto, prim’ancora di iniziare a parlare, ndr)
“In macchina siamo sempre io, Lattanzio, Zinfollino, Fucci e Nannola. Ci divertiamo molto, è vero, perché sfottiamo Nannola per i suoi capelli, che lo stanno abbandonando in fretta… Fucci è mio cugino ed essendo il più piccolo, nonché il più ritardatario dei cinque, lo massacriamo e gli facciamo pagare sempre la consumazione al bar! Io e mio cugino siamo sicuramente i mattatori rompiscatole dell’auto… Zinfollino diciamo che si adegua al clima del momento in macchina ed anche lui fa la sua parte, però è il più equilibrato di tutti. Chiudiamo con Riccardo Lattanzio, il proprietario e guidatore dell’auto: lui è il nostro capitano, il nostro riferimento e ci fa stare sempre alla grande, è unico. Anche lui è uno spasso, ma quando si tratta di fare i seri e parlare delle nostre prestazioni, ci dà consigli, ci spiega tante cose, commentiamo la partita della domenica, cerchiamo di capire gli errori, eccetera. Per fortuna che abbiamo lui, grande uomo e grande calciatore”.