TI RICORDI… ANTONIO DELL’OGLIO?
Dodici mesi, dodici uscite dedicate ai grandi protagonisti della storia calcistica neroverde, il più che meritato e doveroso tributo ad alcuni degli attori indimenticabili che hanno scaldato le domeniche pallonare dei bitontini nell’ultimo cinquantennio, facendoci esultare per un gol, una parata, una giocata in mezzo al campo, un intervento difensivo o semplicemente perché hanno indossato la Nostra maglia davvero con lo spirito dell’indomito Leoncello…
Le interviste del Centenario sarà la rubrica che vi terrà compagnia nel corso di questo 2021 che coincide con il compleanno “secolare” del Bitonto Calcio, cento anni attraversati da gioie, dolori, speranze, delusioni, vittorie esaltanti e cadute dolorosissime. Momenti caratterizzati, sempre e comunque, nel bene o nel male, da un comune denominatore: la passione sportiva di una città che non ha mai smesso di lottare e rialzarsi.
Si può giocare una soltanto stagione con il neroverde addosso e rimanere per sempre nel cuore dei tifosi che venivano ad applaudirti al “Città degli Ulivi”, nonostante un’età non più verdeggiante e senza vincere alcun trofeo?
Sì, se ti chiami Antonio Dell’Oglio. Il difensore-centrocampista nato a Milano nel 1963 ha infatti giocato per il Bitonto solo nel 2003-2004, una stagione sportiva senza grandi acuti per i leoncelli, capaci di ottenere una salvezza tranquilla (42 punti, classificandosi al dodicesimo posto) e di raggiungere gli ottavi in Coppa Italia di Serie D. Quella del Bitonto è stata la penultima casacca indossata dal calciatore Antonio Dell’Oglio, prima del ritiro con la maglia dell’Ostuni e dopo una carriera costellata di numeri importanti nel professionismo: due Campionati di Serie B e una Mitropa Cup vinti, centinaia di presenze fra A, B e C, nonché una finale di Coppa Uefa persa con la Fiorentina di Roby Baggio e Dunga contro la Juventus di Schillaci, Casiraghi, Tacconi, eccetera…
Qualche mal informato potrebbe pensare che il buon Antonio – persona davvero buona, anzi, squisita ed esemplare dal punto di vista umano – sia venuto a suo tempo a “svernare” nel nostro paese, giocando da quarantenne la sua penultima stagione giusto ad onor di firma, senza grande impegno o passione. E invece, chi se lo ricorda sia in campo che fuori, ha ben impressa la sua immagine di atleta ancora fortissimo, integro, elegante e impeccabile, nel rettangolo verde, ma soprattutto educato, equilibrato e serio all’ennesima potenza, anche lontano da esso. Un autentico Signore del Pallone. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e conversarci, appena tornato dall’Abruzzo, dove con la Vastese della quale è stato vice-allenatore in questa stagione ha chiuso a metà classifica il girone F della Serie D 2020-2021. Leggiamo le sue parole esternate, con le consuete buone maniere, per la sesta uscita delle nostre “Interviste del Centenario” del Bitonto Calcio, squadra alla quale Antonio Dell’Oglio ha senz’altro lasciato un’indimenticabile traccia del suo passaggio professionale e umano.
Ciao Antonio. Come si fa a giocare una sola stagione in una squadra, senza vincere nulla tra l’altro, e lasciare un ricordo indelebile nei suoi tifosi?
“Probabilmente perché ho sempre seguito alla lettera la mia regola principale: dare tutto, comportandosi da professionisti dal primo all’ultimo giorno. Inoltre, ho giocato a Bitonto al mio penultimo anno da calciatore, non pensando assolutamente alla carriera passata, perché in quel momento aveva senso solo giocare al massimo delle mie possibilità in quella squadra, come se stessi ancora in A, B o C”.
Quali sono, invece, i tuoi di ricordi legati al Bitonto e a Bitonto.
“Viaggiavo ogni giorno da Trani a Bitonto, con piacere. Avevamo Forte come DS e Ragno in panchina e ci salvammo bene. Purtroppo, però, quella stagione vissuta da ‘pendolare’ mi ha fatto vivere poco la città, eppure il calore della gente bitontina si sentiva eccome! Mi ricordo, in particolare, che i tifosi pretendevano l’attaccamento alla maglia e, prim’ancora di chiedere la vittoria in campo, ti chiedevano di sudartela fino all’ultimo secondo senza tirarsi mai indietro. Spero di non averli delusi in questo”.
Dopo il ritiro da calciatore, ti si è visto spesso sulla tribuna coperta del “Città degli Ulivi”. Solo lavoro o anche il piacere di tornare in un ambiente che ti ha lasciato sensazioni e “fotografie” piacevoli?
“Sicuramente anche piacere e non solo lavoro. Ho trovato tante belle persone e amici a Bitonto, devo essere sincero. La stagione recente del Leoncello che ho vissuto maggiormente dagli spalti del ‘Città degli Ulivi’ è stata quella con Taurino in panchina. Ho allenato Roberto a Brindisi, era già un leader e allenatore in campo, con lui è rimasto un gran bel rapporto anche al di fuori del rettangolo verde. Mi sono divertito quell’anno, finché si è giocato. Peccato soltanto per com’è andata a finire, perché il Bitonto, il suo allenatore, i ragazzi (una squadra composta da ottimi giocatori) e la città avevano meritato al 100% quanto raggiunto sul campo…”.
Nonostante la prima fase della tua vita trascorsa al Nord, hai giocato l’intera seconda parte della tua carriera per squadre del Sud Italia, fra cui molte in Puglia, dove hai deciso anche di vivere. Come mai queste scelte?
“I miei genitori sono di Trani, dove vivo tutt’ora, ma il ‘nominativo’ Dell’Oglio è originario di Bisceglie, addirittura ho degli antenati con il titolo di ‘Conti’ nel territorio di Bisceglie! Trascorrere qui al Sud la seconda parte della mia vita e della mia carriera da calciatore è stato per me un vero ritorno alle origini, alle radici, pur essendo nato a Milano. L’ho fatto principalmente per cercare di dare una certa serenità ai miei figli e poi perché le atmosfere calcistiche che si respirano sui campi meridionali sono uniche. Infatti, anche il girone H della Serie D è il più affascinante, competitivo e stimolante di tutti, per un uomo di calcio a questi livelli, senza alcun dubbio”.
In questo tuo quadro personale a forti tinte meridionali, quale ruolo hanno giocato i colori e gli appassionati neroverdi?
“Ho giocato in D anche in piazze con un pedigree maggiore rispetto a Bitonto, ma nonostante ciò ho trovato nella vostra città una stabilità notevole, tanto da reputare quella di venire da voi nel 2003 la scelta migliore che avrei potuto fare in quel momento preciso della mia carriera. Ho sempre voluto mostrare ai bitontini prima le mie qualità di persona e poi quelle del calciatore Antonio Dell’Oglio. Spero di esserci riuscito…”.
Tranquillo, Antonio, a Bitonto sportivi e tifosi ti ricordano tutti con molto piacere: il guerriero che con classe e buone maniere trascinava sempre gli altri compagni in campo, l’ultimo a mollare, nonostante i quarant’anni pieni stampati sulla tua carta d’identità di allora.
Segui sempre le vicende pallonare di Bitonto?
“Guardo sempre i risultati del girone H, non solo per lavoro, ma anche perché ho tanti amici nel calcio pugliese, tra cui Pizzulli e Taurino, come già detto. Sì, negli ultimi tempi ho sempre seguito le vicende del Bitonto, sia quelle brutte che quelle belle, come ad esempio l’ottimo assetto societario che si è creato. E i risultati delle annate recenti lo confermano… Ovunque vada ad allenare ripeto sempre la famosa ‘addizione’ di Fabio Capello: buoni giocatori + buona società = ottimi risultati. E a Bitonto si sta andando verso quella direzione già da un po’!”.
A tal proposito, hai avuto modo di conoscere personalmente l’attuale Dirigenza neroverde, a partire dal Presidente Rossiello?
“Di persona, non ho conosciuto ancora nessuno, ma mi farebbe molto piacere se accadesse. Soprattutto il Presidente Rossiello andrebbe esaltato più di quanto già si faccia, per quello che sta dando alla comunità sportiva bitontina. Merita solo tanto rispetto, io ho girato tanto per squadre / società e nel calcio dilettantistico (ma non soltanto…) situazioni solide come la vostra sono difficili da trovare, a maggior ragione dopo gli ultimi due anni pandemici che abbiamo vissuto…”.
Presidente, lo invitiamo o no a Bitonto per un “caffè”, al buon Antonio?
Un tuo giudizio sul girone H terminato con la finale playoff Picerno – Fidelis Andria. Il Campionato è stato vinto dalla compagine per te più forte, vale a dire il Taranto di cui sei stato anche calciatore? Il resto della graduatoria, con Picerno, Fidelis Andria, Bitonto e Casarano, ha rispettato i reali valori tecnici delle big in ballo?
“Comprare tanti giocatori e di qualità non dà la certezza di vincere un Campionato, credo che il Taranto lo abbia dimostrato alla grande. È stata una stagione anomala, lo sappiamo bene, il girone H è il top che ci sia in Serie D e primeggiarvi è ogni anno difficilissimo. Il Taranto è stata la squadra più costante, per questo ha meritato di vincere. Il Picerno è da C e ci tornerà prima o poi, ha una proprietà seria alle spalle e forse paga solo il piccolo ‘bacino d’utenza’. L’Andria, in cui gioca uno dei miei pupilli Manzo, è stata la vera sorpresa del Campionato; un gran bel gruppo dove sono stati fatti acquisti mirati e funzionali al modo di giocare del suo allenatore che, tra l’altro, è stato molto bravo a creare quello che ha creato. La piazza poi è di quelle importanti, anche se ‘particolare’, con un pubblico esigente e facile alla contestazione. Ma se le cose vanno bene, sempre pronto a sostenere alla grande la squadra. Il Casarano è stata la delusione maggiore, mentre il Bitonto ha patito sicuramente la partenza ad handicap, lo stesso cambio di allenatore fan ben capire come sia stata una stagione tribolata, condizionata da tanti, troppi problemi”.
Non puoi esimerti nemmeno dal dirci la tua sul girone F, dove si è registrato il dominio del forte Campobasso di mister Cudini. Il bilancio della vostra stagione.
“Nel nostro girone avrebbero sicuramente potuto contrastare un po’ di più il Campobasso l’ambizioso Notaresco, a cui è stata fatale proprio la sconfitta contro di noi che avevamo bisogno di punti salvezza, e il Pineto che ha alle spalle una società incredibile, forse quella più di prospettiva di tutto l’Abruzzo dilettantistico. Il miglior gioco che si è visto è stato quello del Campobasso, un 4-3-3 bello da vedere e costruito alla perfezione dal suo allenatore e dagli uomini che si sono occupati del mercato assieme a lui. Complimenti. Noi abbiamo avuto due ondate Covid che ci hanno interrotto in entrambi i casi le strisce di risultati utili consecutivi che stavamo ottenendo. Con gli impegni sempre ravvicinati, a causa dei tanti recuperi (anche voi a Bitonto ne sapete qualcosa…), è stata dura risalire la china, ma i nostri tifosi, seppur esigenti visto che hanno visto anche la Serie C da quelle parti, ci hanno applaudito a fine stagione. E noi li ringraziamo, l’importante era salvarsi, per come si stavano mettendo le cose laggiù in zona playout…”.
Nel vostro raggruppamento militavano, tra gli altri, due ex neroverdi quali Silvio Merkaj e Pasquale Tedone. Hai avuto modo di incrociarli?
“Con Merkaj ho avuto anche un piccolo battibecco in campo, ma devo dire la verità: mi ha fatto ricredere sulle sue qualità. Infatti, giocherà in C l’anno prossimo… L’anno a Bitonto con Taurino non lo aveva visto grande protagonista, tanta panchina e pochi gol fatti, invece, quest’anno ha disputato una grande stagione e ci ha pure segnato! Tedone invece no, non l’ho incrociato”.
Lasciamoci con un saluto per tutto il popolo bitontino e, perché no, magari con un arrivederci ad un futuro prossimo che possa riproporre Antonio Dell’Oglio e il Leoncello di nuovo insieme…
“Sarei onorato di tornare, perché il popolo bitontino mi ha sempre lanciato tanti attestati di stima. Oltre alle altre piazze blasonate in cui ho giocato, Bitonto è rimasta nel mio cuore, ho conosciuto tante belle persone e, quindi, chissà un domani… Per il momento, auguro a questi colori di salire il più in alto possibile, ormai ci sono tutte le componenti giuste per poter ambire ad un futuro stabile nel professionismo. Forza Bitonto!”.